22/01/13

Economia ed Energia per il rilancio del Mediterraneo

Nel corso dell’ultimo biennio, il bacino del Mediterraneo è stato attraversato da importanti mutamenti politici ed economico-finanziari che hanno conferito ad alcuni Paesi della sponda Sud nuovi e imprevedibili assetti. La cosiddetta “Primavera Araba” ha dato avvio a un processo più o meno rapido del quadro politico istituzionale dell’intera area, avviando una svolta epocale. Pur nel permanere di elementi di incertezza dati dall’instabilità politica, dalla presenza di rischi sociali legati all’elevato tasso di disoccupazione e dalle problematiche legate alla sicurezza marittima, ai rischi ambientali e ai traffici illeciti, esistono fattori indubbiamente positivi.

I Paesi delle sponde Sud e Est del Mediterraneo hanno mantenuto, una condizione di crescita economica positiva che dovrebbe continuare anche sulla base delle previsioni 2013.
Rappresentando un mercato di più di 600 milioni di potenziali consumatori, i Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente rimangono un target strategico per le attività di import-export e di investimento dell’Unione Europea. Lo testimoniano i dati: nel 2011, ad esempio, l’interscambio tra le due macro-regioni ha subito un aumento del 12%, attestandosi su un valore di oltre 320 miliardi di euro.
Per gli Stati della riva Nord, quindi, le trasformazioni in corso potrebbero rappresentare nuove opportunità per una maggiore integrazione. Per decenni i rapporti tra i Paesi e le comunità del Mediterraneo sono stati rivolti quasi unicamente allo sviluppo di forti interconnessioni economiche ed energetiche tralasciando, invece, la possibilità di creare uno spazio unico comune di sicurezza e di stabilità politica. Proprio l’assenza di una lungimirante politica comunitaria globale volta a rispondere alle crescenti sfide e alle esigenze dei Paesi della sponda Sud e Orientale ha rallentato notevolmente il processo di integrazione regionale favorendo l’avanzare di vecchi e nuovi attori interni ed esterni alla regione, come Russia, India, Cina e Paesi del Golfo, sempre più interessati ad assumere una leadership forte in un’area dalle potenzialità enormi. L’Europa non può perdere questa partita.
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